Per celebrare i cento anni dalla nascita dell'artista, la Casa del Mantegna offre fino al 29 Agosto un ampio sguardo sull'opera di uno degli artisti che più ha saputo sperimentare nella sua pratica artistica, trattando temi ancora oggi di attualità.
L'esposizione, promossa dall’Associazione Culturale Flangini con la collaborazione della Provincia di Mantova, è curata dal professore e critico d'arte Antonio d’Avossa che ha raccolto per questo viaggio nell'opera dell'artista tedesco oltre cento tra opere multiple ed uniche e 150 documenti rari che accompagnano il visitatore nel percorso della visita.
​ Per celebrare i cento anni dalla nascita dell'artista, la Casa del Mantegna offre fino al 29 Agosto un ampio sguardo sull'opera di uno degli artisti che più ha saputo sperimentare nella sua pratica artistica, trattando temi ancora oggi di attualità. L'esposizione, promossa dall’Associazione Culturale Flangini con la collaborazione della Provincia di Mantova, è curata dal professore e critico d'arte Antonio d’Avossa che ha raccolto per questo viaggio nell'opera dell'artista tedesco oltre cento tra opere multiple ed uniche e 150 documenti rari che accompagnano il visitatore nel percorso della visita. L'esposizione si apre con il celebre racconto dell’incidente aereo Stuka JU-87 caduto sul fronte Russo in Crimea a causa di una tempesta di neve. I verbali raccontano che l'artista sarebbe stato ritrovato il giorno dopo dai soccorsi risultati invece del tutto inutili per il pilota dell'aereo trovato morto. Nella memoria di Beuys la vicenda invece è descritta diversamente. L'artista racconta di essere stato salvato e accudito da una tribù di tartari che gli avrebbero curato le ferite avvolgendolo nel feltro dopo averlo cosparso di grasso. Da qui partirà la rinascita dell'artista che vedrà in questi due elementi due forme di espressione che non lo abbandoneranno negli anni successivi. Il racconto viene rappresentato nell'esposizione in maniera simbolica attraverso i testi e le immagini che adornano la sala con cui si accede alla mostra. Si prosegue nelle stanze, con opere che raccontano della sperimentazione concettuale alla ricerca di un racconto non solo ecologico ma anche antropologico. Moltissimi i riferimenti agli anni trascorsi in Italia negli anni '70, caratterizzati da una serie di "azioni" spesso radicali ma tutte improntate a cogliere l'energia della natura e trasformarla in forza creativa. Di forte impatto la presenza anche di dodici filmati rari muti e sonori che testimoniano le "azioni" e le discussioni dell'artista. L'esposizione è certamente molto ricca e gode anche della bellezza della sede che la ospita che riesce a meravigliare il visitatore mischiando il passato al contemporaneo.
Ottima l'organizzazione che ha scandito un percorso interessante arricchito da eventi collaterali che coinvolgono sempre un riferimento alla natura, in pieno accordo con il senso della mostra e dell'opera dell'artista tedesco.
Accurata l'organizzazione anche dello spazio, delle luci e soprattutto la presenza di testi che accompagnano le opere principali e i video delle azioni, sebbene alle volte sarebbe stato gradito anche qualche cartello in più con la traduzione dei testi in tedesco.
Lo staff si è dimostrato cortese e gentile ma poco presente soprattutto all'inizio del percorso, quando sarebbe più indicato, per avere una chiave di lettura della mostra. Non pochi, infatti, i visitatori che accedono dall'entrata sbagliata, iniziando il percorso a metà.
Un vero peccato invece l'assenza di un vero controllo del rispetto delle norme covid-19, per cui non è raro incontrare visitatori e membri dello staff privi di mascherina anche al chiuso.
Nel complesso un'esposizione interessante che con qualche accorgimento in più potrebbe essere migliore, ma, dato l'ingresso gratuito e la quantità di opere merita sicuramente una visita.

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